Ricordando in apertura che sia sul sito che sul numero di settembre di “Serramenti Design e Componenti” abbiamo sottolineato come la vastità e la complessità della materia da affrontare relativa ai commercio prodotti da costruzione a seguito dell’ “entrata in vigore” e, soprattutto, dell’“applicabilità” sia pure progressiva delle novità normative introdotte dal Regolamento (UE) n. 2024/3110 anche per quanto riguarda la marcatura CE dei serramenti – impongono un approccio graduale e sistematico alla materia comportando necessariamente una suddivisone in più parti della analisi del testo, risulta essere di grande impatto innovativo la disposizione del Regolamento (art. 2) che – disciplina espressamente e specificamente l’“ambito di applicazione” del Regolamento stesso laddove invece nel precedente Regolamento (UE) n. 305/2011 non è stata prevista un’analoga disposizione.
Come approfondiamo sul numero di dicembre in distribuzione, questa mancata previsione ha prodotto la conseguenza di dover ricavare l’ambito applicativo di tale Regolamento del 2011 indirettamente dal suo “oggetto” previsto dall’art. 1 e dalle definizioni di “prodotti da costruzione” e di “opere da costruzione” cui quest’ultima disposizione aveva fatto riferimento. In tal modo, però, non senza però aver dato luogo ad una normativa con zone grigie e contorni incerti, come l’esperienza ha ampiamente dimostrato.
Ben diversamente, il Regolamento intende fare massima chiarezza su questo fondamentale e preliminare aspetto anche perché, per un verso, il nuovo “ambito di applicazione” risulta essere notevolmente e significativamente allargato – secondo quanto sarà qui di seguito precisato – e, per altro verso, si prevede una esplicita quanto opportuna delimitazione dei confini applicativi grazie alla precisa elencazione dei prodotti cui “il presente Regolamento non si applica” (art. 2, par. 2), così da circoscrivere più chiaramente i contenuti di tale “ambito” delineandone con precisione anche i limiti.
Applicabilità anche ai “prodotti usati”
Infatti, in primo luogo (art. 2, par. 1) si precisa che il nuovo campo di applicazione comprende nella nozione di “prodotti da costruzione” anche i “prodotti usati” e si estende agli “elementi” che sono elencati alle lett. a) e b) della medesima disposizione, secondo quanto qui in seguito sarà precisato.
Relativamente al primo aspetto che riguarda una nozione dei “prodotti” estensiva fino a ricomprendere i suddetti “prodotti usati”, esso è facilmente riconducibile nella sua ragion d’essere (v. il “considerando n. 7”) ad una finalità di “economia circolare” che risponde a sua volta al perseguimento di obiettivi ambientali che individuano nell’edilizia uno degli ecosistemi prioritari che sono stati qui già evidenziati nella parte I (leggi nota 1) e che impongono conseguentemente una riutilizzazione di prodotti “usati” e “rifabbricati” in modo da consentirne un ulteriore “ciclo di vita” che deve essere adeguatamente “ricalcolato” a partire dalla disinstallazione di un’opera di costruzione passando poi per tutte le fasi successive per giungere allo smaltimento finale.
Importanza delle definizioni
Ma anche quest’ultima disposizione non potrebbe essere intesa correttamente nel suo significato se non si precisasse qui di seguito il significato di ogni sua espressione grazie alle definizioni – nuove o rinnovate – che sono state fornite dallo stesso “Regolamento” per il “prodotto usato” e per il “ciclo di vita”, non senza però prendere necessariamente le mosse dalla profondamente rinnovata definizione di “prodotto da costruzione” quale base fondamentale dell’ambito di applicazione di questo “Regolamento”.
Pertanto:
- Per “prodotto da costruzione” si deve intendere: “qualsiasi elemento fisico avente o meno una forma, compresi prodotti fabbricati tramite stampa 3D, oppure un kit immesso sul mercato, anche mediante fornitura al cantiere, per essere incorporato in modo permanente in opere di costruzione o in parti di esse, fatta eccezione per gli elementi che sono necessariamente integrati innanzitutto in un kit o in un altro prodotto da costruzione prima di essere incorporati in modo permanente in opere di costruzione” (v. n. 1 dell’art. 3 del Regolamento).
- Per “opere di costruzione” si devono intendere “gli edifici e le opere di ingegneria civile tanto al di sopra quanto al di sotto del livello del suolo o dell’acqua, compresi tra l’altro strade, ponti, gallerie, piloni e altre strutture per il trasporto di energia elettrica, cavi di comunicazione, condotte, acquedotti, dighe, aeroporti, porti, vie d’acqua e installazioni che costituiscono la base per rotaie ferroviarie” (v. n. 12 dell’art.3 del Regolamento).
- Per “prodotto usato” si deve intendere: un prodotto che non è un rifiuto o che ha cessato di essere un rifiuto conformemente alla direttiva 2008/98/CE, che è stato installato almeno una volta in un’opera di costruzione e che:
- non è stato sottoposto a un processo che vada oltre le operazioni di controllo, pulizia o riparazione ai fini del recupero mediante i quali prodotti o componenti di prodotti sono preparati in modo da poter essere riutilizzati per la costruzione senza altro pretrattamento; o
- è stato sottoposto a un processo di trasformazione che va oltre le operazioni di controllo, pulizia e riparazione ai fini del recupero che, conformemente alla specifica tecnica armonizzata applicabile, è considerato non essenziale per le prestazioni del prodotto” (v. n. 20 dell’art. 3 del Regolamento).
- Dalla nozione di “prodotto usato” occorre distinguere quella similare ma differente e particolare di “prodotto rifabbricato” che è così definito: “un prodotto che non è un rifiuto o ha cessato di essere un rifiuto conformemente alla direttiva 2008/98/CE, che è stato installato almeno una volta in un’opera di costruzione e che è stato sottoposto a un processo di trasformazione che va oltre le operazioni di controllo, pulizia e riparazione ai fini del recupero che, secondo la specifica tecnica armonizzata applicabile, sono qualificate come essenziali per le prestazioni del prodotto” (v. n. 25 dell’art. 3 del Regolamento).
- Per “ciclo di vita” si deve intendere “le fasi consecutive e interconnesse della vita di un prodotto, dall’acquisizione della materia prima o dalla generazione a partire da risorse naturali o, nel caso di prodotti precedentemente incorporati in opere di costruzione, dall’ultima disinstallazione dall’opera di costruzione fino allo smaltimento finale” (v. n. 53 dell’art. 3 del Regolamento).
Estensione campo di applicazione: parti essenziali ed altre parti
In secondo luogo – dopo avere fornito ogni possibile precisazione in merito alla reale portata della estensione dell’ambito applicativo ai “prodotti usati” – la nuova disciplina del campo di applicazione introduce all’interno della nozione di “prodotto da costruzione” qui già in precedenza definita, la distinzione tra i componenti che sono considerabili come “parti essenziali”, da un lato e, dall’altro lato, “le altre parti o materiali”, in quanto si tratta di componenti dello stesso prodotto che sono assoggettati ad una distinta disciplina.
La motivazione di una tale distinzione è chiaramente espressa nel “considerando” n. 12 del Regolamento secondo cui “La conformità dei prodotti da costruzione alla legislazione dell’Unione dipende spesso dalla conformità delle loro parti essenziali a tale legislazione. Tuttavia, dato che le parti essenziali sono spesso integrate in vari prodotti da costruzione, la sicurezza e la protezione dell’ambiente, compreso il clima, sarebbero meglio conseguite se tali parti essenziali fossero valutate a monte, ossia se le loro prestazioni e la loro conformità venissero valutate in anticipo e indipendentemente dalla valutazione del prodotto da costruzione finale in cui sono integrate. Analogamente la vigilanza del mercato sarebbe più efficiente se fosse possibile individuare le parti essenziali non conformi e concentrarsi su di esse. È pertanto necessario stabilire norme obbligatorie applicabili alle parti essenziali dei prodotti da costruzione”.
A questo punto, risulta chiaramente evidenziata la ragion d’essere di una valutazione che, per talune parti del medesimo “prodotto”, deve essere condotta separatamente, autonomamente ed “a monte” rispetto alla valutazione complessiva del prodotto finale, così da comportare una disciplina normativa che impone di distinguere all’interno dei “prodotti da costruzione”, anche ai fini della vigilanza sul mercato, le “parti essenziali” rispetto ad altri componenti che sono riconducibili a “parti” differenti o, anche, a comuni “materiali”.
Rimandandovi ora alla letture di quanto pubblicato sulle pagine del numero di dicembre va comunque, ancora una volta, sottolineato come il senso di questa novità normativa risulterebbe gravemente incerto se non si facesse ricorso alle definizioni regolamentari che consentono di precisare in modo inequivocabile che cosa si debba intendere per “parti essenziali” secondo la definizione contenuta nel Regolamento stesso al n. 16 del 1° par. dell’art. 3. Quest’ultima…


