Dopo essere stato prossimo alla definitiva cancellazione dall’agenda comunitaria a causa delle resistenze di alcuni Paesi, l’etichettatura obbligatoria “made in….” rientra di prepotenza tra gli obiettivi perseguiti dalla Commissione Europea «L’obiettivo è raggiungere un accordo a livello europeo entro il 2014, prima della scadenza della legislatura» ha dichiarato a Pambianconews Cristiana Muscardini, europarlamentare e vicepresidente della Commissione per il commercio internazionale che ha presentato, unitamente a Robert Sturdy, una risoluzione dedicata.
«Siamo molto fiduciosi perché c’è stato un vero lavoro di squadra per il raggiungimento di questo risultato e continueremo nei prossimi mesi interpellando il commissario per il commercio Karel de Gucht». La novità che rilancia nel concreto il raggiungimento dell’obiettivo è stata la proposta di un pacchetto di due regolamenti e di un piano di 20 azioni per aumentare la sicurezza dei prodotti non alimentari, introducendo l’obbligo dell’indicazione di origine anche per i Paesi Ue oltre che per i paesi terzi. Una novità rispetto al testo della precedente bozza redatta dai tre europarlamentari per superare il problema di incompatibilità con le norme del WTO che aveva portato a un passo dalla cancellazione della norma considerata discriminatoria perché si applicava soltanto alle merci extra europee. In base alla nuova stesura del testo i prodotti fabbricati in un Paese Ue dovranno portare l’indicazione, a scelta, di ”made in Ue” o ”made in” e il nome del paese specifico, per esempio ”’made in Italy”, mentre quelli provenienti fuori dall’Ue dovranno indicare il nome del Paese, per esempio ”made in China”.