Stando a quanto rilevato da Censis nel periodo del lockdown il 38,9% degli italiani avrebbe incrementato il proprio risparmio, percentuale che sale al 49,1% tra i risparmiatori abituali.
Del resto, nel periodo della quarantena sono stati 28 milioni i percettori di reddito le cui entrate non sono state intaccate (pensionati, dipendenti pubblici, lavoratori del settore privato non in Cassa integrazione o congedo parentale), pari al 71,2% del totale.
Il risparmio forzoso derivato dalla continuità nelle retribuzioni e dal contestuale taglio dei consumi avrebbe spinto la liquidità nei portafogli delle famiglie italiane ad aumentare di 34,4 miliardi di euro nei tre mesi più neri dell’epidemia (febbraio-aprile).
Risorse che secondo il Censis si aggiungono ai 121 miliardi di euro di liquidità aggiuntiva accumulata negli ultimi tre anni, prima dell’esplosione dell’epidemia (+8,4% in termini reali nel triennio).
Paura, incertezza e cautela fanno decollare ancora il cash cautelativo, da tempo in crescita, come strumento familiare di autotutela. Liquidità che potrebbe riversarsi sui diversi bonus introdotti dal Governo compreso il Superbonus del 110% se e quanto tale misura entrerà effettivamente a regime.
In mancanza di utilizzo dei nuovi incentivi si calcola che se il trend di risparmi avviato dal lockdown proseguirà allo stesso ritmo del triennio trascorso, nel 2023 ci saranno altri 135 miliardi di liquidità aggiuntiva per le famiglie.
Riguardo la tipologia di investimenti, studio “Il valore della diversità nelle scelte d’investimento prima e dopo il Covid-19” effettuato dal Censis in collaborazione con Assogestioni rileva serpeggia tra gli italiani una certa perplessità verso i titoli di Stato, dai Bot ai Btp. Stando al sondaggio effettuato tra i professionisti del risparmio gestito il 51,4% non li acquisterebbe, di cui il 9% è contrario pur avendoli acquistati in passato; il 43,7% li acquisterebbe, di cui il 16,4% lo ha già fatto in passato ed il 4,9% si dichiara indeciso, non sa bene cosa farebbe.
Ad oltre 1 italiano su 2 non sembra interessare l’idea di avere in portafoglio titoli pubblici, che pure in questa fase sono emessi a condizioni non così penalizzanti, con percentuali più elevate tra chi vive al Sud e Isole (54%), operai (54,5%), millennial (57,3%), bassi redditi (74,6%) ma anche tra chi si ritiene un grande risparmiatore (53,8%).