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Produzione serramenti, fiammata costi materie prime può “azzoppare” Superbonus

Stando a quanto rilevato dal Centro Studi CNA su un campione rappresentativo di imprese associate, il 72% delle aziende addebita la fiammata dei prezzi, in parte o del tutto, ai comportamenti speculativi della catena di fornitura. Per il 64,6% di aziende serramentistiche ciò avrebbe avrebbe già prodotto un avvertibile diminuzione dei profitti

 

fiammata costi materie prime può "azzoppare" SuperbonusLa possibile ripresa del settore costruzioni alimentata dagli interventi riqualificazione agevolati dal Superbonus del 110% potrebbe arrivare a risentire degli effetti associati ad alcuni repentini aumenti di costo delle materie prime. Fiammata che avevamo già  segnalato sul numero di febbraio di “serramenti design e componenti” e che ha avuto come traino soprattutto il prezzo dell’acciaio. A rilevarne il possibile impatto sul settore delle costruzioni l’indagine “La ripresa del settore delle costruzioni tra agevolazioni e aumenti delle materie prime” effettuata dal Centro studi della CNA e condotta su un campione rappresentativo di imprese artigiane, micro e piccole della filiera, che operano nei comparti dell’edilizia, dei serramenti e della installazione di impianti.

Aziende comparto serramenti le più fiduciose

Riguardo l’effetto leva rappresentato dal Superbonus , il 57% delle imprese del campione  ha dichiarato che l’introduzione delle misure agevolative a favore della filiera delle costruzioni sta avendo un impatto positivo sulla propria attività. Con picchi del 65,9% nel comparto dei serramenti (contro il 56,3% dell’installazione e il 55,4% dell’edilizia) e del 64,2% nelle imprese con oltre dieci dipendenti a fronte di un 56% nelle imprese fino a dieci addetti.

Oltre a dare un impulso alla domanda nella filiera delle costruzioni, gli incentivi starebbero  avendo un effetto benefico anche sulla organizzazione delle imprese, mettendole nelle condizioni di accrescere competenze e “catalogo”.

Fiammata da comportamenti speculativi

Scenario vede addensarsi all’orizzonte “nuvole cupe che potrebbero stravolgerlo” si legge nel comunicato. Quasi quattro imprese su cinque (il 79%, per la precisione) del campione avrebbe già  segnalano aumenti nei prezzi dei materiali, delle materie prime e delle apparecchiature rispetto ai corsi di un anno fa, prima che scoppiasse la pandemia.

Nel dettaglio, nel settore delle costruzioni gli aumenti più importanti in un anno registrati dalle materie prime riguardano i metalli (+20,8% con punte che superano il +50%); i materiali termoisolanti (+16% con punte che oscillerebbero tra il +25% e il +50%); i materiali per gli impianti (+14,6% con punte superiore al 25%), ed il legno (+14,3%). Elevata anche la crescita per altri materiali, che oscilla tra il +9,4% di malte e collanti e il +11,3% dei laterizi.

Ma che cosa sta capitando? Secondo lo studio CNA, il 72% delle imprese addebita la fiammata dei prezzi, in parte o del tutto, ai comportamenti speculativi della catena di fornitura. Quale che sia la causa di questa fiammata dei costi delle materie prime, il rischio, gravissimo che si corre è la drastica riduzione della marginalità delle imprese e, di conseguenza, del loro eventuale rafforzamento dopo tanti anni di crisi. Riduzione della marginalità non compensabile un innalzamento del costo dei prodotti che in ambito  Superbonus deve necessariamente fare riferimento ai prezzari.

Quanti rischi per il sistema Italia

Già accuserebbe una sensibile diminuzione dei profitti a causa dell’aumento dei costi di produzione il 51,5% delle imprese di installazione impianti, il 58,3% del settore edilizio e il 64,6% della serramentistica. Le altre imprese, per ora, cercano di attenuare i danni rinegoziando i prezzi applicati alla clientela o rivolgendosi al mercato per trovare nuovi fornitori. Alternative deboli, tanto che quasi il 70% delle imprese teme una riduzione dell’effetto espansivo delle agevolazioni che, per una impresa su cinque, potrebbe assumere una dimensione davvero significativa. Un danno destinato a riverberarsi sull’intero sistema Italia, in termini di mancata crescita dell’occupazione, dei consumi, del prodotto interno lordo e delle entrate fiscali.

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