Insieme alle assunzioni precarie a tempo indeterminato, Ufficio studi CGIA di Mestre segnala un ritorno all’aumento nel 2023 pure del “popolo” delle partite IVA che al 31 dicembre risultano essere tornate sopra i 5 milioni, ma non tutte le categorie appartenenti al mondo del lavoro autonomo sembrano essere in buona salute.
Anzi. Molte professioni appartenenti al “popolo” delle partite Iva, appiano in grosse difficoltà e il loro numero sta diminuendo. Il riferimento, in particolare, ai lavoratori autonomi “classici”, come gli artigiani, i piccoli commercianti e gli agricoltori in cui numero complessivo negli ultimi tre anni è sceso di 495 mila unità.
“Il crollo del numero degli artigiani e dei piccoli commercianti è ormai visibile a occhio nudo – ha sottolineato Renato Mason segretario della CGIA – . Nelle città e nei paesi di periferia è sempre più in aumento il numero delle botteghe e dei negozi chiusi definitivamente. Va evitato tutto ciò, perché questa desertificazione abbassa notevolmente la qualità della vita di tutti noi”.
Diversamente, sono è espansione la parte del “popolo” delle partite Iva priva di albo od ordine professionale. Alcuni esempi di professioni non regolamentate?
I web designer, i social media manager, i formatori, i consulenti agli investimenti, i pubblicitari, i consulenti aziendali, i consulenti informatici, gli utility manager, i sociologi, gli amministratori di condominio, etc.
Come meglio dettaglieremo sulle pagine di “Serramenti Design e Componenti“, il “popolo” delle partite Iva, delle micro imprese e i loro dipendenti rappresentano un blocco sociale di oltre 6 milioni di persone che, prima del Covid, produceva quasi 200 miliardi di Pil e negli ultimi 40 anni è diventato centrale in molte regioni del Paese, una componente strutturale del nostro sistema economico, soprattutto a Nordest.
In termini assoluti, il crollo del numero degli artigiani, dei commercianti e degli agricoltori ha interessato tutte le regioni, ma in particolare le Marche (-17,2 per cento), il Piemonte (-15,5 per cento), l’Emilia Romagna e il Molise (entrambe -15,1 per cento), l’Umbria (-14,9 per cento) e il Veneto (-14,8 per cento).