Nel 2017 sono state ristrutturate il 60% di case in più e gli investimenti per riammodernare le abitazioni sono raddoppiati raggiungendo quota 46,5 miliardi di euro . In questo contesto – fotografato da Francesca Zirnstein D.G. di Scenari Immobiliari – dove salta all’occhio anche il -82% dei permessi di costruire (calati da 250mila a 45mila dal 2007 al 2017) – il digitale sta iniziando a giocare un ruolo sempre più importante. Il suo intervento è stato uno dei temi centrali sul quale si è discusso nel corso del 4° convegno nazionale di Sercomated dal titolo “Gli effetti della rivoluzione digitale sulla filiera della ristrutturazione edile”, che si è svolto nella sede di Confcommercio a Milano sabato 28 di cui più approfonditamente tratteremo sul numero di Ottobre di serramenti + design.
“Gli acquisti online dei consumatori italiani – ha raccontato in proposito Giulio Finzi, segretario generale Netcomm Consorzio del commercio elettronico italiano – ammontano a 23,6 miliardi di euro (+17%) nel 2017, per la fine 2018 prevediamo che raggiungeranno quota 27 miliardi, con una crescita del 15-20%”. Stando ai dati forniti il tasso di penetrazione online ammonterebbe al 5,7% del totale retail. Eppure l’ecommerce in edilizia ha sempre fatto fatica a decollare, perché… “L’edilizia ha delle problematiche “fisiologiche” che ostacolano l’ecommerce – ha spiegato Ferdinando Napoli, presidente di Edilportale e co-founder di Archiseller –. Si tratta di problematiche di logistica e di posa in opera, ma anche legate alla figura del prescrittore verso il b2b e il b2c (ossia chi prescrive un materiale non è poi quello che lo acquista)”. In questi anni in Italia sono stati fatti dei tentativi di ecommerce in edilizia con ben scarso successo: “In generale – ha continuato Napoli – l’approccio è stato quello di creare un proprio sito ecommerce, scontrandosi con la gestione di tutti i contenuti, in altri casi utilizzando marketplace come Amazon, che però non è una piattaforma specializzata in edilizia”.
Problematiche fisiologiche che indubbiamente stanno evolvendo sulla base del rapporto degli italiani con la casa e modalità di investimenti ; e qual è questo rapporto oggi? Come si sceglie, come si vive e come si trasforma? A rispondere ha provato il nuovo osservatorio-hub sulla casa di Doxa. Anzitutto lo scenario: il valore stimato del patrimonio immobiliare italiano ammonterebbe a 5mila miliardi di euro, 8 italiani su 10 sono proprietari della casa in cui vivono, una media molto al di sopra di quella europea se si pensi che questa percentuale in Francia è del 55%, in Inghilterra del 45% e in Germania del 40%. Ma non solo: 4 italiani su 10 dicono che oggi l’importanza della casa è aumentata.
Perché? “Perché stiamo vivendo un cambiamento epocale. La casa – ha spiegato Elisa Angiola, senior researcher Doxa – è sempre più presidiata: secondo il nostro sondaggio su un campione di 6mila italiani, il 41% passa più tempo in casa rispetto a 5 anni fa e la casa oggi è diventato un ambiente a ciclo continuo visto che il 31% degli italiani lavora da casa, il 40% nella zona living, il 20% nella zona notte”. L’abitazione, quindi, è un luogo che sta diventando sempre più polifunzionale. «Vivendo maggiormente le mura domestiche – ha sottolineato Angiola – chiaramente gli italiani si accorgono dei “difetti” delle proprie abitazioni e si dichiarano insoddisfatti per il 40% dell’isolamento termico, per il 39% dell’isolamento acustico, per il 35% della sicurezza e per il 26% dell’accesso a nuove tecnologie». Parole d’ordine per il futuro? “Sostenibilità e smart home”.