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Aumenti di fatturati da capogiro per le imprese energetiche, ma al fisco…

Facendo riferimento al periodo gennaio-maggio, l'ufficio studi di CGIA ha rilevato che nel periodo gennaio-maggio 2022 i ricavi hanno registrato una impennata del 60% rispetto allo scorso anno. Maggiori ricavi che hanno nella maggioranza dei casi portato a extra profitti sui quali non si è ancora onorato il sopraggiunto obbligo di ulteriore tassazione nell'interesse della collettività

Aumenti di fatturati da capogiro per le imprese energetiche, ma al fisco...Se a causa degli aumenti di luce e gas molte imprese sono a rischio chiusura ve ne sono altre che hanno già registrato aumenti di fatturati da capogiro. Intuitivo il settore di appartenenza di tali imprese: a “sfruttare” positivamente la crisi energetica sono la stragrande maggioranza delle imprese energetiche presenti in Italia.

Imprese energetiche che stando a quanto rilevato dall’Ufficio studi della CGIA di Mestre nei primi 5 mesi di quest’anno  avrebbero visto aumentare mediamente i propri ricavi del 60% rispetto allo stesso periodo del 2021.

Il riferimento esaminato, è bene subito chiarirlo, sono le attività industriali estrattive di materie prime energetiche (come il petrolio, il gas naturale, etc.) e dell’industria della raffinazione.

Che tale forte aumento di fatturato  sia legato all’andamento dei prezzi delle materie prime energetiche lo dimostrano anche i dati di questi ultimi anni.

Facendo riferimento al periodo gennaio-maggio, l’ufficio studi di CGIA ha rilevato che nel 2019 la crescita del fatturato delle imprese del settore energetico è risultata essere del  +0,5% per scendere nel 2020 – quindi in piena pandemia –  del 34,6% e tornare a crescere del 19,6% nel 2021, mentre  nel periodo gennaio-maggio 2022 i ricavi hanno registrato una impennata del 60%.

Ricordando che non necessariamente ad un aumento del fatturato corrisponde un analogo incremento dell’utile, appare in tutta evidenza come il risultato economico di questo settore nell’ultimo anno risulterà comunque estremamente positivo. Constatazione che stride con la rilevazione che al 30 giugno ben poche imprese energetiche  hanno onorato l’obbligo  previsto dal decreto Aiuti Bis di versare  al fisco il 25% sugli extra profitti ottenuti grazie all’aumento dei prezzi di gas e petrolio.

“E, anche per una questione di solidarietà e di giustizia sociale, queste realtà dovrebbero versare almeno quanto imposto dallo Stato con una legge per “aiutare” economicamente le famiglie e le imprese più in difficoltà” viene sottolineato dagli estensori lo studio.

Ricordiamo che dei 4,2 miliardi di euro attesi con la prima rata, lo Stato ha incassato poco meno di 1 miliardo. Se la nuova norma per recuperare queste mancate entrate inserita nel decreto Aiuti bis non dovesse avere effetto, l’erario potrebbe perdere quest’anno oltre 9 miliardi dei 10,5 previsti con l’introduzione di questa tassazione sugli extra profitti.

E mentre alcune imprese energetiche impugnano il decreto per non onorare l’obbligo le imprese intere filiere rischino di dover obbligatoriamente “sospendere l’attività” e/o ricorrere alla cassa integrazione straordinaria. Per quanto riguarda il consumo di gas ed elettricità, CGIA segnala ” …le difficoltà che stanno colpendo le imprese del vetro, della ceramica, del cemento, della plastica, della produzione di laterizi, la meccanica pesante, l’alimentazione e la chimica etc. Per quanto concerne l’energia elettrica, invece, rischiano il blackout le acciaierie/fonderie, l’alimentare, la logistica, il commercio (negozi, botteghe, centri commerciali, etc.), alberghi, bar-ristoranti, altri servizi (cinema, teatri, discoteche, lavanderie, palestre, impianti sportivi, etc.).”

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