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Valore dell’abitare e la sfida della riqualificazione posta dall’EPBD

Far salire di 2 classi energetiche il patrimonio edilizio italiano non storico consentirebbe un risparmio energetico del 40% sui costi in bolletta al 2022 per singola unità abitativa e potrebbe indicare il percorso da seguire per raggiungere gli obiettivi della direttiva EPBD. Questo uno dei dati che emerge dallo studio “il valore dell’abitare” presentato ieri a Milano

Valore dell'abitare e la sfida della riqualificazione posta dall'EPBDOffre molti spunti di riflessione il rapporto “Il valore dell’abitare. La sfida della riqualificazione energetica del patrimonio edilizio italiano” promosso da CRESME, Fondazione Symbola, Assimpredil Ance e European Climate Foundation presentato oggi a Milano da Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola; Regina De Albertis, presidente Assimpredil Ance; Lorenzo Bellicini, direttore CRESME; Virginio Trivella, consigliere Delegato Efficienza energetica Assimpredil Ance; Piero Petrucco, vice presidente FIEC e vicepresidente Centro Studi ANCE; Fabio Stevanato, direttore Programma Italia European Climate Foundation; Marco Osnato, presidente Commissione Finanze; Patrizia Toia, vicepresidente ITRE commissione per l’industria, la ricerca e l’energia; Roberta Toffanin, consulente del Ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica.

“Il recepimento in Italia della versione aggiornata della Energy Performance of Building Directive (EPBD) è sicuramente una della grandi sfide a cui saremo chiamati nei prossimi anni e il settore dell’edilizia è pronto – ha dichiarato Regina De Albertis -.

Affinché vengano rispettate le tempistiche e gli obiettivi, sarà necessario prevedere incentivi fiscali adeguati e rimodulati anche in base alla qualità tecnica degli interventi da effettuare, senza accantonare la cessione del credito e lo sconto in fattura, pianificare gli investimenti  su un arco temporale congruo e porre attenzione sulla necessità di qualificazione delle imprese che devono effettuare i lavori.

Su questi punti Assimpredil ANCE ha lavorato in questi anni, ora è fondamentale un confronto con le istituzioni per trovare le soluzioni più percorribili e più opportune”.

La decarbonizzazione del patrimonio edilizio rimane una delle grandi sfide che il settore delle costruzioni dovrà affrontare nei prossimi anni. Un percorso complesso che richiederà soluzioni e strumenti innovativi, concretezza e fattibilità, conoscenza e competenza, soprattutto per intervenire su un patrimonio edilizio storico come quello italiano.

L’obiettivo sfidante di far scendere il consumo medio dell’intero patrimonio edilizio del 16% entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035 deve rappresentare per il Paese una occasione per creare lavoro, sviluppare nuove competenze e dare nuovo impulso alla filiera edilizia, motore della crescita economica interna. Si stima, infatti , che ogni miliardo di euro di investimenti in costruzioni produca un valore aggiunto di un miliardo e 100 milioni e un effetto diretto e indiretto sull’occupazione di 15.132 nuovi posti di lavoro.

In questo senso, gli obiettivi dell’EPBD  costituiscono uno stimolo importante per lo sviluppo della filiera delle costruzioni, la diffusione di soluzioni impiantistiche come le pompe di calore elettriche anche in abbinamento con geotermico e fotovoltaico e nel mondo della progettazione la crescita del ruolo della termotecnica nella definizione delle scelte progettuali e costruttive. L’elettrificazione dei consumi favorirà il processo di crescita delle comunità energetiche e la creazione di figure professionali necessarie all’industria edilizia e dell’efficienza energetica.

E proprio a  supporto di queste necessità  Assimpredil Ance insieme a Fondazione Symbola, CRESME e European Climate Foundation ha realizzato lo studio“Il valore dell’abitare. La sfida della riqualificazione energetica del patrimonio edilizio italiano” che getta le basi per una riflessione sulle possibili linee di intervento per l’attuazione in Italia della nuova direttiva europea recentemente approvata e sulle opportunità di medio-lungo periodo per il Paese in termini di riduzione della dipendenza energetica, potenziamento della filiera delle costruzioni e delle competenze, riduzione della bolletta energetica delle famiglie, specialmente quelle più fragili.

Lo stock edilizio nazionale, stimato al 2022, è di 12.539.173 edifici residenziali che ospitano un totale di 32.302.242 abitazioni di cui il 78,4% circa (25.324.854 abitazioni) è occupato da famiglie residenti. Un numero considerevole che rende l’Italia primo paese in Europa per numero di case per 1000 abitanti: se usiamo i dati dello stock abitativo dell’ISTAT, in Italia risultano 599 abitazioni ogni mille abitanti contro una media europea di 506, seguono Portogallo (582), Norvegia (579), Finlandia (576) e Francia (566). Un primato che evidenzia la centralità delle politiche per la casa nel nostro Paese, soprattutto alla luce di una graduale perdita di valore dello stock edilizio, specialmente nelle aree periferiche, dovuta al fatto che il 72% degli edifici ha più di 43 anni ed è stato costruito prima della legge sull’efficienza energetica (L. n.373/76) e che il 68,5% delle abitazioni hanno una classe energetica compresa tra la E e la G.

Il report “Il valore dell’abitare. La sfida della riqualificazione energetica del patrimonio edilizio italiano” evidenzia che basterebbe far salire di sole 2 classi energetiche il patrimonio edilizio residenziale per consentire la riduzione media del 40% della bolletta di una famiglia, pari a un risparmio annuo di 1.067 euro ai costi del 2022 e allo stesso tempo un incremento del valore delle abitazioni.

Una casa ristrutturata, come evidenziato nella ricerca, vale infatti mediamente il 44,3% in più di una casa da ristrutturare. Incremento del valore dell’abitare che arriva al 50,8% fuori dalle aree metropolitane in luoghi non turistici, mentre nelle periferie, nelle corone delle aree metropolitane le case ristrutturate valgono il 40,5% in più di quelle non ristrutturate. Si tratta di aree dove si concentra la fascia più debole dal punto di vista energetico del patrimonio edilizio ed economicamente più fragile della popolazione.

La forte crescita degli investimenti attivati dagli incentivi fiscali dell’ultimo triennio ha di fatto determinato la crescita occupazionale nell’edilizia, attivando una media annua di oltre 639 mila occupati diretti, che salgono a oltre 959 mila considerando anche l’indotto. I soli lavori di riqualificazione energetica hanno generato una media annua di 371 mila occupati diretti e 556 mila occupati nella filiera.

Nello stesso periodo le costruzioni, settore storicamente basso nelle classifiche sulla competitività, hanno sperimentato l’aumento maggiore della produttività oraria nel quadro economico: rispetto alla media del triennio pre-crisi (2017-2019), il dato del 2022 certifica una crescita della produttività oraria del +9,2%, mentre il totale dell’economia segna un incremento di “appena” il +2,8%.

Come ben articolato  nello studio “Il valore dell’abitare. La sfida della riqualificazione energetica del patrimonio edilizio italiano”, il settore delle costruzioni coinvolge e attiva numerosi altri soggetti che definiscono la filiera “lunga” o allargata delle costruzioni. In primo luogo tutti i soggetti che svolgono servizi progettuali, ovvero studi di architettura, di ingegneria e di altre attività tecniche attinenti.

Nel 2021 se ne contano oltre 226 mila e i relativi addetti sono più di 321 mila. A questi si aggiungono i produttori dei materiali utilizzati nel processo realizzativo o nelle attività di manutenzione del manufatto, quantificati nel 2021 dallo studio il valore dell’abitare, in 37.710 imprese e oltre 225 mila addetti; le imprese attive nella commercializzazione dei prodotti, all’ingrosso e al dettaglio, pari a più di 37 mila, con una capacità occupazionale di poco meno di 153 mila addetti in media annua; e ancora il vasto insieme degli intermediari, che comprende i soggetti che svolgono attività di mediazione immobiliare, amministratori di condomini, studi notarili, quantificati in più di 248 mila imprese e quasi 308 mila addetti.

Infine, si possono considerare facenti parte della filiera anche le attività di noleggio di macchine e attrezzatture per lavori edifici e infrastrutturali, i servizi integrati di gestione agli edifici e altre attività specializzate per la cura di edifici, impianti, paesaggio, ovvero oltre 23 mila imprese e 171 mila addetti. Nel complesso si definisce un sistema dell’offerta quantificato in più di 1 milione di imprese e oltre 2,6 milioni di addetti, che corrispondono al 24% e 15% del complessivo sistema dell’offerta nazionale.

“L’edilizia può dare un contributo importante per contrastare la crisi climatica e ridurre la nostra dipendenza dei combustibili fossili –  ha dichiarato Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola – in particolare dal gas russo, resa drammatica dall’invasione dell’Ucraina. Puntare con intelligenza su case green e su edifici sostenibili abbassa le bollette per famiglie e imprese, aumenta il valore delle case, riduce la nostra dipendenza energetica, favorisce l’innovazione e la crescita di un settore strategico come l’edilizia, aumenta l’occupazione. L’edilizia orientata al green può produrre un made in Italy che punta su sostenibilità, innovazione, ricerca, e bellezza. Come è scritto nel Manifesto di Assisi, ‘affrontare con coraggio la crisi climatica non è solo necessario ma rappresenta una grande occasione per rendere la nostra economia e la nostra società più a misura d’uomo e per questo più capaci di futuro”.

“La sfida del cambiamento climatico si gioca sul piano dei comportamenti delle persone – ha sottolineato  Lorenzo Bellicini, direttore CRESME – e sulle risposte di efficienza tecnica che siamo in grado di sviluppare : il nostro patrimonio edilizio è caratterizzato da un lato da classi energetiche molto basse, ma allo stesso tempo da condizioni climatiche molto diverse; per migliorare le prestazioni energetiche degli immobili (ad esempio, migliorando di  due classi energetiche attuali il nostro patrimonio edilizio) servirebbero tra i 260 e i 320 miliardi di euro, occorre quindi pensare a modalità di intervento  che garantiscano il raggiungimento degli obiettivi che ci vengono posti  dall’Europa per gradi partendo dagli edifici più energivori, e con un percorso di medio-lungo periodo, che oltre a garantire un più corretto rapporto tra domanda e offerta, consentirebbe alle imprese  di programmare investimenti in grado di porre le costruzioni alla testa del processo di innovazione”.

 

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