Unione Europea

Agevolazioni efficientamento edifici. Corte dei Conti UE “bacchetta” Commissione

Coinvolti i tre Paesi (Repubblica ceca, Italia e Lituania) che hanno ricevuto più finanziamenti

Dal 2000, l’Unione europea, attraverso i fondi della politica di coesione, ha erogato quasi 5 miliardi di Euro per il cofinanziamento di misure di efficienza energetica negli Stati membri. La Corte dei Conti europea ha valutato se tali investimenti siano stati efficaci sotto il profilo dei costi/benefici rilevando come i progetti selezionati per il finanziamento dalle autorità degli Stati membri non avevano obiettivi ragionevoli in termini di costi/efficacia, quale per esempio il costo per unità di energia risparmiata. Pur perseguendo obiettivi di risparmio energetico e di miglioramento del confort, essi non sono stati selezionati ai fini del finanziamento in base alla potenziale capacità di produrre benefici finanziari attraverso il risparmio energetico, bensì in base al fatto che gli edifici erano considerati “pronti” a ricevere i finanziamenti se necessitavano di una ristrutturazione e se la relativa documentazione era conforme ai requisiti. “Nessuno dei progetti da noi controllati è stato oggetto di una valutazione del fabbisogno e neppure di una analisi delle potenzialità di risparmio energetico in relazione agli investimenti”, ha dichiarato Harald Wögerbauer, il Membro della Corte responsabile della relazione, “Gli Stati membri hanno fondamentalmente utilizzato questi fondi per rinnovare edifici pubblici, mentre il risparmio energetico era, nel migliore dei casi, una finalità secondaria”. ll periodo di rimborso previsto per gli investimenti era, in media, di 50 anni, e in alcuni casi arrivava fino a 150 anni. Ciò significa che questi fondi non sono stati spesi in modo razionale, dal momento che la vita delle componenti o degli edifici rinnovati è più breve, e possono essere per lo più considerati come una perdita dal punto di vista del risparmio energetico. L’analisi ha coinvolto i tre Paesi (Repubblica ceca, Italia e Lituania) che hanno ricevuto i contributi più consistenti dal Fondo di coesione e dal Fondo europeo di sviluppo regionale per le misure di efficienza energetica nel periodo di programmazione 2007-2013 e che hanno anche stanziato gli importi più elevati per i progetti entro il 2009. L’audit ha incluso un esame di quattro programmi operativi e un campione di 24 progetti di investimento per l’efficienza energetica nell’edilizia pubblica rilevando come pur producendo le realizzazioni fisiche previste, quali la sostituzione di finestre e porte o l’isolamento di muri e tetti, il costo di tali progetti in relazione ai potenziali risparmi energetici è stato elevato. Più dell’efficienza energetica è stata valutata la necessità di rinnovare gli edifici pubblici. Anche se i progetti controllati miravano a risparmiare energia e ad accrescere il confort, non hanno generato un buon rapporto tra i risparmi energetici e i relativi costi d’investimento. In media, il periodo di rimborso previsto è stato di circa 50 anni, eccessivamente lungo rispetto alla vita utile delle componenti rinnovate e anche degli edifici stessi. Gli audit energetici non erano obbligatori (Italia, Lituania) o, dove richiesti (Repubblica ceca), raccomandavano opzioni di investimento troppo costose. In 18 dei 24 progetti controllati, il risparmio energetico effettivo risultante dal progetto non ha potuto essere verificato in quanto non era stato misurato in modo attendibile. Per tali ragioni la Corte ha raccomandato alla Commissione di subordinare la concessione di finanziamenti per misure di efficienza energetica nell’ambito della politica di coesione a un’adeguata valutazione del fabbisogno, ad un regolare monitoraggio, all’impiego di indicatori di performance confrontabili, nonché all’uso di criteri trasparenti per la selezione dei progetti e a costi di investimento standard per unità di energia da risparmiare, con un periodo massimo accettabile di rimborso non attualizzato dell’investimento.

 

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