Calo netto del mercato digitale in Italia nel 2013, che avrebbe chiuso l’anno con una perdita del 4,4% rispetto al 2012, scendendo a quota 65.2 miliardi di Euro. Si accentua così la tendenza negativa che il settore Ict registra nel nostro Paese ormai da diversi anni (nel periodo 2009/2012 il calo medio annuo è stato dell’1,8%), mentre aumenta il distacco con i trend internazionali. Nello stesso periodo, infatti, l’Ict mondiale ha continuato a crescere alla media annua del 3,8%, spinto dalla ripresa degli investimenti nell’area nordamericana (+ 3,5%), Asia Pacifico (+6,6%) e America Latina (+ 5,8%). Il mercato digitale italiano appare purtroppo in affanno anche rispetto a quello europeo, che pure ha registrato una decrescita dello -0,9% di media. Ma il dato ritenuto più significativo lo offre il peso raggiunto dagli investimenti Ict sul PIL che nel nostro Paese si attesta al 4,8% a fronte di una media UE a 28 già al 6,5%. Peso che per la Germania sale a 6,8%, per la Francia a 7,0%, mentre per il Regno Unito vola al 9,6. Stiamo parlando di un gap di 25 mld di Euro all’anno di investimenti per essere in linea con la media europea. E’ questa, in sintesi, la fotografia che emerge dalle anticipazioni del Rapporto Assinform 2014, illustrate questa mattina a Milano dal presidente Elio Catania, coadiuvato da Giancarlo Capitani, presidente di NetConsulting. “La progressiva e continua riduzione degli investimenti in Ict è un fenomeno tutto italiano, fortemente preoccupante ” ha dichiarato Catania, che ha parlato come presidente uscente di Assinform, ma fresco di nomina, avvenuta ieri da parte dell’Assemblea federale, alla presidenza di Confindustria Digitale (succede a Stefano Parisi giunto alla fine del suo mandato). “Se le cause sono da ricercarsi, certo, anche nella recessione economica che investe da anni il Paese ha proseguito Catania – ciò non ci solleva dalla responsabilità di reagire usando proprio la leva tecnologica per invertire i trend negativi. Come conferma l’andamento delle principali economie nel mondo, vi è legame sempre più stretto tra investimenti in tecnologie digitali, produttività, competitività e crescita per le imprese e per i sistemi-paese. Anche in Italia l’affermarsi di questa dinamica nel tessuto produttivo – in particolare delle piccole e medie imprese, del manifatturiero e delle pubbliche amministrazioni – è un fattore strutturale imprescindibile per cambiare il Paese e ritrovare la via della crescita e delle nuove opportunità occupazionali. Ma questa condizione da noi stenta ancora molto a essere compresa e a tradursi in azioni concrete, su base sistemica”. “Per questo il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda digitale costituisce oggi un imperativo per il Paese – ha sottolineato il neo presidente di Confindustria Digitale – Dopo due governi che hanno lavorato per creare il contesto normativo e di governance, è necessario che l’attuale governo, che ha giustamente assunto la crescita come obiettivo prioritario, promuova con estrema urgenza il passaggio alla fase esecutiva dell’Agenda digitale.”