763 attività chiuse al giorno di cui circa 114 imprese del comparto costruzioni. A rilevarlo Cribis nella sua analisi 2022 sulla demografica delle imprese cessate.
Analisi che si inserisce all’interno di una dinamica di mortalità e nascita che prosegue il positivo andamento di crescita del tessuto imprenditoriale registrata nel 2021 (+14% il dato rilevato da movimprese di Infocamere ) seppure con una dinamica ben più ridotta (0,2% nel terzo trimestre 2022) proprio a causa dell’alto numero di imprese che hanno chiuso.
Quantità di attività imprenditoriali cessate che l’Osservatorio Cribis indica in ben oltre 278mila ovvero circa 763 imprese chiuse al giorno. Stando a quanto riportato tra gennaio e marzo la percentuale si attesterebbe al 38,4% della popolazione totale, il 21,3% del secondo, il 25,8% del terzo e il 14,5% del quarto trimestre.
A livello mensile è sempre gennaio, con il 18,3%, il mese con più chiusure registrate . Seguono febbraio (11,4%), settembre (9,7%), luglio (9,5%), marzo (8,7%) e ottobre (8,6%). Nelle ultime tre posizioni troviamo, invece, novembre (5,7%), agosto (6,6%) e dicembre.
Distribuzione geografica e comparti
La distribuzione delle imprese cessate in Italia nel 2022 ricalca la loro diffusione nelle principali macroaree del Paese: il 27,4% nel Nord-Ovest, il 22,3% al Centro Italia, il 22% al Sud, il 20,6% nel Nord-Est e il restante 7,7% nelle Isole.
A livello regionale la Lombardia, con un’incidenza del 17,4% e oltre 48mila attività cessate, è la regione con il più alto numero di cessazioni registrato nel 2022. Seguono Lazio (10,2%), Campania (8,8%), Veneto (8,7%), Emilia-Romagna (8,6%), Piemonte (7,1%), Toscana (6,9%), Puglia (6,4%), Sicilia (5,6%), Marche (4,1%), Calabria (3,2%), Liguria (2,8%), Abruzzo (2,2%), Sardegna (2,1%), Friuli-Venezia Giulia (1,9%), Trentino-Alto Adige (1,4%), Umbria (1,1%), Basilicata (0,8%), Molise (0,6%) e Valle D’Aosta (0,1%).
Passando dal dettaglio territoriale a quello settoriale si ha la conferma che il comparto più “sofferente” è quello del commercio (18,6% di cui 4,3% di distribuzione all’ingrosso) seguito da quello delle costruzioni (15,5%) e, con percentuali molto più contenute, dei servizi di ristorazione e alloggio (6,9%).
Attività cessate in larghissima maggioranza (98,3%) rappresentate da imprese con meno di dieci dipendenti (l’84% dichiara meno di due addetti), mentre solo lo 0,5% ne impiega più di venti. In generale, le imprese del settore hanno una media dipendenti che si aggira intorno alle 1,7 unità.
Le principali cause indicate che hanno portato alla cessazione dell’impresa sono la cessazione di ogni attività (47,7%) e la cancellazione d’ufficio (24%). Di gran lunga minore resta essere, invece, l’incidenza delle cessazioni dovute a: chiusura della liquidazione (4,9%), fallimento (3,1%), scioglimento (2,8%), decesso del titolare (2%) e alla vendita/cessione dell’impresa (1,9%).