Una riduzione del 30% del numero di pratiche inviate ad ENEA rispetto all’anno fiscale 2010, anno a questo punto da considerarsi record dall’alto delle 405.600 pratiche totali ricevute. A ufficializzarlo al Ministero dello Sviluppo Economico dettagliando i risultati in uno studio di 310 pagine è stata ENEA che suo Rapporto 2011 “Le detrazioni fiscali del 55% per la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente” ha organicamente tirato le somme al 31 marzo 2012 dei tanti dati sin qui resi noti definendo sia l’andamento complessivo che dettagliato per tipologia di intervento e singola regione. Numeri ufficiali che appaiono verosimilmente essere peggiori di quelli reali per la concomitante probabile crescita del numero di interventi realizzati in nero o non comunicati (come già evidenziato da una ricerca ANIT) a causa di una incertezza economica, associata alla crisi, che più viene percepita di difficile soluzione nel tempo più tende a favorire la proposizione/richiesta di un forte sconto immediato rispetto alla previsione di un 5,5% di rimborso annuo per 10 anni di quanto speso. Inoltre, se dalla specificità della detrazione ampliamo lo scenario agli incentivi per l’efficienza energetica nel loro complesso tracciato sempre da ENEA nel Rapporto RAEE 2012 viene rimarcato come ”Le decisioni di investimento non sono risultate strettamente ricollegabili a un’analisi di tipo economico tesa a valutare il rientro dell’investimento attraverso i risparmi ottenibili. Le stime del modello non hanno infatti evidenziato una correlazione significativa né con il ‘pay back’ energetico né con la spesa famigliare energetica.” Ovvero detrazioni e incentivi sono stati sovente richiesi, e rilasciati, per effettuare “a sconto” pure interventi che non rientravano tra quelli indicati. La stessa Corte dei Conti U.E. ha rilevato per l’Italia ed altri 2 Paesi (Repubblica Ceca e Lituania) che hanno ricevuto i contributi più consistenti dal Fondo di Coesione e dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale per le misure di efficienza energetica, che spesso pure nei casi riguardanti interventi in edifici pubblici, “quella del risparmio energetico è risultata essere sola una finalità secondaria”. Comportamento nel cui solco si inseriscono sia la scelta fatta per decreto legge (n. 83/2012) di elevare, fino al 30 giugno, dal 36 al 50% la detrazione Irpef per le ristrutturazioni su un limite massimo di spesa di 96.000 Euro per unità immobiliare (andando così di fatto a penalizzare ulteriormente l’interesse verso l’efficientamento veicolato dal 55%), sia la reiterata richiesta da parte di alcune associazioni portatrici di interesse di far rientrare nelle spese deducibili con il 55% pure beni (quali l’arredamento per esempio) che nulla hanno a che vedere con la finalità perseguita da tale misura. Commistioni che la Commistione U.E. ha già negativamente valutato essendo in grado di determinare una ulteriore perdita di interesse verso i “veri” interventi per la riqualificazione energetica degli edifici. Senza adeguati correttivi legislativi dunque, il -30% del numero di pratiche inviate ad ENEA registrato nel 2011 appare in questo senso destinato a rappresentare solo l’inequivocabile avvio di una fase al ribasso destinata a ridurre notevolmente l’efficacia di una leve alla vendita rivelatasi particolarmente efficace proprio per i serramenti. Nel 2011 oltre il 56% delle 280.700 pratiche totali pervenute (per investimenti complessivi superiori a 3,3 Miliardi Euro) hanno riguardato la sostituzione degli infissi confermando per il 5 anno consecutivo un ruolo di predominanza assoluta tra gli interventi ammessi a detrazione. Ma se in termini percentuali si registra una ulteriore aumento di tale preferenza (+ 4% rispetto al 2010), in termini numerici gli interventi “agevolati” sulle chiusure verticali trasparenti (cosiddette “finestre comprensive di infissi” e/o “chiusure apribili e assimilabili”) risultano essere passati dai 223.000 del 2010 ai 165.600 del 2011 evidenziando quindi una riduzione superiore al 28%. Variazione che assume ben altra connotazione se dettaglia in funzione della superficie complessivamente installata di finestre comprensive di infissi. In termine di superficie installata si passa infatti dai 5,37 milioni di mq del 2010 ai 2,35 milioni del 2011. Perdita di mq che normalizzati in unita finestra significa, anno su anno, una contrazione delle vendite alimentate dal 55% di oltre 1,7 milioni di pezzi. Quantità di pezzi che i dati riportati nelle pratica inviate ad ENEA non consentono di trasformare direttamente in valore anche perché non essendo stato concesso all’ente il ruolo di validazione diretta delle pratiche inviate si è ritenuto ancora opportuno effettuare un’operazione preliminare di cernita e filtraggio del campione statistico disponibile. Tuttavia, una indicazione predittiva sicuramente utile è possibile comunque ricavarla. Incrociando in costo medio nazionale rilevato per intervento ( importo in linea con i 9.500 Euro indicati lo scorso anno) con il numero di pratiche registrate nel 2011 la spesa per la sostituzione delle “finestre comprensive di infissi” si attesa a poco più di 1,5 miliardi di Euro evidenziando dunque una contrazione di oltre 550 milioni di Euro rispetto all’anno precedente.
Meno 1,4 milioni di UF in PVC
Forte contrazione di fatturato che ha sicuramente fatto sentire tutto il suo peso soprattutto tra i produttori/distributori di serramenti con profili in PVC, materiale che fino all’anno scorso ha rappresentato una sorta di “materiale” rifugio per continuare ad alimentare le proprie vendite. Strategie che andrà sicuramente meglio focalizzata già nel breve termine rispetto al passato proprio in considerazione della già ribadita perdita di efficacia delle leva rappresentata dal 55%. Pure in questo caso sono i numeri analizzati in trend a renderlo evidente. Nella sostanza infatti delle oltre 3 milioni di unita finestra perse dall’incentivo in 1 solo anno, poco meno della metà (ovvero 1,47 milioni di UF) riguardano quelle realizzate con profili in PVC. Pure i serramenti realizzati con profili degli altri principali materiali presentano contrazioni percentualmente significative (mediamente intorno al 30%) ma certo non così elevate soprattutto in termini di volumi. Quelli con profili in legno “perdono” sul 2010 circa 174.000 UF, quelli con profili in metallo ( a T.T e non) 170.000 UF e poco più di 66.000 UF quelli misti alluminio/legno. Volumi che pur non potendo essere certo marginali nell’attuale momento di crisi del mercato, non sono però tali da poterne ribaltare le prospettive di mercato come nel cosa sei serramenti in PVC. All’opposto, il quadro che si va definendo e che pure questo studio dell’ENEA concorre a meglio apprezzare come potrebbe già vedere premiate vendite e marginalità di quanti tendono a spingere soprattutto serramenti realizzati con materiali diversi dal PVC. Così come già rilevato lo scorso anno da un punto di vista quantitativo il maggior numeri di pratiche proviene sempre da un ristretto gruppo di regioni accomunate da un livello di reddito pro capite dei residenti tra i più alti a livello nazionali. Più del 23% degli infissi è stato posato in Lombardia (25% nel 2008, 24% nel 2009, 23% nel 2010); il 13% in Piemonte (11% nel 2008, 12% nel 2009, 13% nel 2010); il 12% nella Regione Emilia-Romagna (10% del 2008, 11% nel 2009, 11% nel 2010) e il 10% in Veneto (11% nel 2008, 11% nel 2009, 10% nel 2010). Percentuali (e trend) che vedono le prime quattro regioni raggiungere il 60% del totale degli interventi; cosi come la conferma altrettanto dello scarso – in termini percentuali – contributo delle altre regioni, specie di quelle centro-meridionali. Normalizzando i dati di risparmio energetico rispetto al “fattore clima” (ossia rapportando il risultato ai gradi giorno medi della regione), si ottiene l’interessante indicazione che vede essere la Calabria la regione nella quale si è ottenuto il valore massimo in termini di efficacia (di poco superiore a 4 MWh/anno), interventi che risultano essere stati anche quelli di costo medio più elevato a livello nazionale (circa 12.000 Euro ad intervento rispetto ai 9.450 Euro della media nazionale), mentre il più basso lo si è registrato in Liguria (7.000 Euro). Ne consegue che il costo effettivo del risparmio energetico ottenuto da questa specifica tipologia di intervento risulti essere piuttosto variabile in funzione della localizzazione dell’intervento stesso, seppur con differenze meno evidenti rispetto ad altre possibilità di intervento sull’involucro edilizio.
Domanda spinta verso l’alto
Ed è proprio sul risparmio energetico legato alla tipologia di intervento che indubbiamente si determinerà la possibilità di una proroga/stabilizzazione del 55% alla scadenza del 30 giugno. Vale la pena in questo senso ricordare che tra annunci di eliminazione e proroghe all’ultimo minuto, il provvedimento del 55% è giunto al settimo anno. Gli incrementi più ampi nel suo ricorso si sono registrati tra il 2007 (anno di avvio) e il 2008 con il +134% e tra il 2009 (anno previsto per l’interruzione del provvedimento) e il 2010 con un notevole +70% rispetto a un 2009 in linea con l’anno precedente. Essendo sempre stati soprattutto i serramenti i maggiori beneficiari di tale misura, la leva della detrazione ha rappresentato per la filiera del serramento un provvidenziale strumento per tamponare il progressivo stop delle vendite legate alle nuove costruzioni. Vendite che si sono velocemente oriente verso i serramenti in PVC soprattutto per effetto di una competitività legata soprattutto al “basso” prezzo d’acquisto. Elemento che i dati del 2011 indicano poter presto esser superato determinando effetti sul mercato anche rilevanti. Ciò non tanto per il già accennato innalzamento del 36% al 50% delle detrazioni previste per le ristrutturazioni (innalzamento che avrà certo l’effetto di frenare ulteriormente il ricorso al 55% e all’obiettivo, pur parziale del risparmio energetico) ma soprattutto perché la possibilità di effettuare simili investimenti si è già spostata, per effetto della crisi economica, sulle fasce di reddito medio-alte. Infatti a causa della progressiva depauperazione di reddito e ricchezza solo i cedi medio-alti possono ancora avere una minima convenienza a utilizzare tali strumenti ( sia il 50 che il 55%) e come giustamente fatto osservare la ricerca Nomisma dello scorso Aprile i lori criteri di scelta si articolano su un ventaglio più ampio e personalizzato del solo prezzo del prodotto. Altro discorso sono gli incapienti, redditi molto bassi, spesso da pensione ma anche gli evasori fiscali totali o quasi. In entrambi i casi non esiste capienza fiscale per detrarre gli importi dei lavori ma, per i redditi bassi, si tratta di una discriminante che può inibire del tutto l’esecuzione dei lavori di ristrutturazione, nel secondo caso si tratta di una spirale perversa di evasione che alimenta ulteriore evasione (è evidente che l’evasore tenderà a pagare in contanti e senza fattura per qualunque genere di bene o servizio acquistato). In ogni caso, il 55% ha determinato effetti positivi per il sistema Paese. Come sottolineato nello studio viene sostanzialmente confermata la grande diffusione sul territorio e del successo ottenuto da questo sistema di incentivazione dell’efficienza energetica, i dati presentati mostrano che in cinque anni, dal 2007 al 2011, circa il 5,5% del patrimonio edilizio nazionale ha subito un ciclo di riqualificazione energetica (parziale o globale) e che circa il 5% delle famiglie italiane ha beneficiato della campagna del 55%. Dati che mostrano anche come in termini di efficacia vegano costantemente evidenziati sempre gli stessi aspetti di maggiore criticità tra i quali:
– viene confermata sempre più nel tempo la predisposizione dei beneficiari a privilegiare interventi di riqualificazione di “bassa efficacia” sotto il profilo del risparmio energetico (sostituzione di infissi, in primis) rispetto a lavori associati ad una maggiore complessità dell’iter procedurale;
– la disomogenea diffusione degli interventi di riqualificazione energetica ammessi a beneficio fiscale della l. 296/06 e s.m.i.. Richieste che tendono a concentrarsi per circa il 60% dei valori complessivi – per quasi tutte le tipologie di intervento – in sole quattro realtà regionali (le più popolose e dinamiche in termini di economia locale). Sotto il profilo degli effetti per singolo abitante (risparmio energetico pro-capite, anidride carbonica pro-capite) i maggiori benefici risultano essere concentrati in regioni di area alpina (Valle D’Aosta, Trentino-Alto Adige, Piemonte) mentre i minimi si localizzano nelle regioni meridionali (Campania, Sicilia e Calabria);
– la stazionarietà dei valori medi nazionali descrittori del costo del risparmio energetico (€/kWh) associato a tutte le diverse tipologie di intervento di riqualificazione energetica. Tendenza che mostra di mantenersi sostanzialmente costante sia in termini di valore di costo per intervento medio sia di valore di risparmio energetico per intervento (pur essendosi ridotti i valori limite richiesti dal d.min. 26.01.2010 per accedere al beneficio fiscale).
Considerazioni che portano ENEA a continuare a denunciare la necessità di apportare delle significative e sensibili variazioni a tale misura incentivante.