Oltre 80 imprese di costruzione chiuse per ogni giorno del 2023 in netta prevalenza costituite da ditte individuali. Così si potrebbe sintetizzare quanto rilevato dalla consueta rilevazione iCribis sulle imprese che hanno chiuso la partita IVA nel corso dell’anno appena trascorso condotta attraverso l’analisi effettuata su oltre 313mila attività imprenditoriali che hanno cessato l’attività.
Studio che ne ha tracciato anche l’identikit: una micro impresa appartenente al settore delle costruzioni e con sede in Lombardia.
Dopo oltre un anno di continua decrescita, il numero delle imprese cessate nel nostro Paese è tornato ad aumentare (+12,6% rispetto al 2022). Come già accennato, stando ai dati elaborati nel corso del 2023, risulterebbero 313.878 le imprese italiane che hanno chiuso la propria attività (in media circa 860 realtà al giorno).
E certo non sorprende che si tratti in prevalenza di attività operanti nel settore delle costruzioni (9,6% del totale, di cui il 4,1% sono imprese di costruzione di edifici residenziali e non residenziali), nei servizi di ristorazione e alloggio (6,6%, di cui il 3,1% sono bar), nel commercio (3,5%) e nell’agricoltura (3%).
Le attività sono per lo più costituite da micro imprese (10% del totale), ovvero realtà con meno di 10 dipendenti e un fatturato annuo non superiore a 2 milioni di euro. Nello specifico, sotto il profilo occupazionale, le imprese cessate nell’82,4% dei casi impiegano meno di due persone.
La popolazione delle imprese cessate è formata in grandissima parte da micro imprese individuali (63,6%), società di capitali (22,8%), società di persone (13,5%) e società con altre forme (0,1%). Tra le società di capitali, in particolare, è da segnalare la percentuale delle società a responsabilità limitata (16,2%) e delle società a responsabilità limitata semplificata (2,5%).
Ed è sempre il primo trimestre il periodo dell’anno che si conferma essere quello con più cessazioni: tra gennaio e marzo 2023, infatti, si concentra il 38,4% della popolazione analizzata, il 20,4% del secondo, il 20,1% del terzo e il 21,2% del quarto trimestre.
Il dettaglio della distribuzione mensile vede gennaio con il 18,7% come mese con più imprese cessate (+0,4% rispetto al 2022), seguono febbraio (11,4%), ottobre (9,9%), maggio (8,1%), marzo (7,9%), novembre (7,8%), settembre (7,6%), luglio (7,4%), giugno (6,5%), aprile (5,6%), agosto (5%) e dicembre (4,1%).
Come spesso accade, il dettaglio relativo alla distribuzione territoriale delle imprese cessate (imprese di costruzione comprese) , rispecchia la concentrazione aziendale nelle varie macroaree del Paese. Il 24,4%, infatti, si trova nel Nord-Ovest, il 24,3% al Centro Italia, il 22,8% al Sud, il 19,1% nel Nord-Est e il restante 9,4% nelle Isole.
La Lombardia, con circa 46mila realtà (il 14,6% del totale), è la regione con il più alto numero di imprese cessate. Completano le prime dieci posizioni della graduatoria il Lazio (11,6%), la Campania (9,6%), l’Emilia-Romagna (8,5%), il Veneto (7,9%), la Toscana (7,8%), la Sicilia (7,1%), il Piemonte (7,1%), la Puglia (6,5%) e le Marche (3,3%). Nelle ultime posizioni troviamo, invece, la Basilicata (1%), il Molise (0,6%) e la Valle D’Aosta (0,2%).
Infine, come era facilmente ipotizzabile il dettaglio relativo all’andamento del fatturato delle ultime annualità disponibili delle attività cessate nel 2023 risulta essere in calo (-4,5% rispetto al 2019).
Nello specifico l’1,6% si attesta nella fascia 100.000 – 499.999 €, lo 0,5% nella fascia 500.000 – 999.999 €, lo 0,5% nella fascia 1.000.000 – 4.999.999 € e lo 0,1% nella fascia 5.000.000 – 9.999.999. Agli estremi della distribuzione troviamo il 5,5% che fattura meno di 10mila euro e lo 0,1% che fattura più di 10 milioni di euro.