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Incentivi edilizi, eliminazione pure remissione in bonis “falcidia pericolosissima” 

A sottolinearlo Elbano de Nuccio presidente del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili in un allarmata lettera inviata al Ministro e al Viceministro dell’Economia per invitarli a prevedere correttivi alle oggettive criticità introdotte dal Dl urgente n°35 che potrebbero portare alla cancellazione di un pieno diritto maturato da molti contribuenti

Incentivi edilizi, eliminazione pure remissione in bonis "falcidia pericolosissima" Lo avevamo indicato tra i punti più discutibili contenuti nel Dl n.39  che , ha sorpresa, è nuovamente intervenuto sullo strumento degli incentivi in edilizia abrogando definitivamente l’opzione dello sconto in fattura/cessione ed imponendo che il 4 aprile rappresenti l’ultimo giorno utile pure per l’applicazione della remissione in bonis (ovvero senza intenzionalità) degli eventuali errori commessi  nelle comunicazioni trasmesse all’Agenzia delle Entrate per l’esercizio delle opzioni per la cessione del credito e lo sconto in fattura.

Aspetto di elevata criticità per le potenziali conseguenze che insieme ad altri discutibili punti di una testo nuovamente frutto di colpevole premura, ha spinto Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC)  ad inviare una allarmata lettera al Ministro e al Viceministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti e Maurizio Leo, per invitare il Governo a prevedere dei correttivi ad oggettive criticità introdotte dal nuovo decreto urgente che potrebbero portare alla cancellazione di un pieno diritto maturato da molti contribuenti che in assoluta buona fede hanno avuto accesso agli incentivi cosi come previsti fino al 29 marzo.

“Pur prendendo atto delle ragioni che hanno portato all’adozione del provvedimento normativo, evidentemente legate ad esigenze di salvaguardia dei conti pubblici – scrive nella missiva Elbano de Nuccio presidente del  CNDCEC – non posso esimermi dal segnalare alcune rilevanti criticità contenute nel citato Decreto. In particolare, l’articolo 2 inibisce l’applicazione della remissione in bonis relativamente alle comunicazioni da trasmettere all’Agenzia delle Entrate entro il 4 aprile per l’esercizio delle opzioni per la cessione del credito e lo sconto in fattura.

Il medesimo articolo impedisce inoltre la mera sostituzione delle comunicazioni inviate dal primo al quattro aprile 2024. Le ragioni di tali previsioni sono, evidentemente, legate all’esigenza di conoscere in modo puntuale il dato aggregato dell’ammontare dei crediti ceduti e scontati.

Remissione in bonis strumento di tutela del diritto

Ciò non di meno, appare di immediata evidenza che la disposizione è eccessivamente penalizzante in quanto crea le condizioni per cui molti contribuenti perdano le agevolazioni, di cui hanno pieno diritto, per errori commessi in buona fede (si pensi a un errore di un solo codice fiscale in un condominio di centinaia di persone)”.

“L’istituto della remissione in bonis – sottolinea de Nuccio – è stato introdotto, ben dodici anni orsono, proprio per tutelare tali comportamenti in buona fede e impedirne l’uso solo alla casistica in oggetto non appare sacrificabile a esigenze informative di contabilità pubblica. E ciò è ancor più vero per le comunicazioni inviate dal primo al quattro aprile che non potranno essere sostituite utilizzando le procedure ordinariamente previste in caso di errori o di scarti in fase di trasmissione, il che costituisce, anche per gli iscritti che rappresento, una falcidia pericolosissima considerate le condizioni incerte e frenetiche in cui ci si trova ad operare”.

De Nuccio ricorda poi come il Decreto preveda anche, all’articolo 1, comma 5, che per la maggior parte degli interventi con titolo edilizio presentato prima del 17 febbraio 2023 (data di entrata in vigore del D.L. 11/2023) ovvero per i quali tale titolo non sia necessario, l’ulteriore requisito del sostenimento delle spese, documentate da fattura, per lavori già effettuati.

Effetti paradossali e nessuna salvaguardia

“Tale previsione – viene ribadito nella lettera – porta al paradosso che cittadini e imprese, anche per interventi già avviati, magari già ultimati, per i quali hanno fatto legittimo affidamento sulla possibilità di optare per la cessione del credito o lo sconto in fattura, non potranno accedere a tali opzioni in assenza di spese sostenute (cioè, pagate) e documentate da fattura alla data del 29 marzo 2024.

E ulteriormente paradossale appare la situazione nella quale le fatture siano già state emesse a quest’ultima data, ma non siano state ancora pagate dai beneficiari delle detrazioni.

Anche in tale caso, pur comprendendo le ragioni sottostanti al provvedimento, tese a “bloccare” le operazioni per le quali altro non è stato posto in essere che la presentazione del titolo edilizio, appare necessario salvaguardare coloro che gli interventi li hanno effettivamente iniziati o, addirittura, ultimati, e che, per effetto delle novità introdotte dal Decreto, in assenza di pagamenti effettuati per fatture emesse, si vedrebbero esclusi dalla possibilità di accedere alla cessione del credito o allo sconto in fattura con conseguenze pesantissime, anche in termini di contenziosi che potrebbero sorgere con le imprese che hanno eseguito le opere”.

Il conseguente auspicio del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili è che queste criticità “possano trovare un’adeguata soluzione in sede di conversione del Decreto Legge”.

(immagine cortesia Salone del CSR)

 

 

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