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Deficit di sicurezza delle norme armonizzate europee: esistono rimedi legali?

Riallacciandoci alla oramai acclara bufala sulla pretesa “obbligatorietà” della norma UNI 7697-2014 per la disciplina dei serramenti e dei relativi componenti in vetro, di seguito dettagliamo il percorso da seguire a livello UE nel caso in una norma armonizzata si rilevino carenze o lacune per aspetti di importanza primaria

Sulle pagine di serramenti+design abbiamo già affrontato più volte ed in modo sistematico, con una serie di interventi che si sono succeduti in continuità tra il Febbraio e l’Aprile del 2015 , la dibattuta questione della pretesaobbligatorietà” della norma UNI 7697-2014 per la disciplina dei serramenti e dei relativi componenti in vetro.

Trattandosi, infatti, di una pretesa “obbligatorietà” non di natura etica o religiosa, bensì di tipo giuridico (con la previsione di obblighi e sanzioni che si pretendeva esistessero ex lege!) – è stato necessario dimostrare sul piano legale e legislativo – a livello nazionale ed europeo – la totale infondatezza di una tale costruzione pseudo-legale.

In quella occasione è stato infatti possibile evidenziare le conseguenze che si verificherebbero in danno di molti  qualora trovassero ascolto false convinzioni, equivoci e minacciose dicerie con prospettazione di gravi sanzioni per chi non si piegasse all’imperioso comando tecnico-normativo.

Pertanto, si è dimostrato, in primo luogo, come l’“obbligatorietà” dell’applicazione della norma UNI 7697:2014, nel settore dei serramenti (finestre e porte) già disciplinati a livello europeo a partire dal 1-12-2010, non costituisse altro che una maestosa e possente “bufala” (vedi nota 2) alla luce del quadro legislativo risultante dall’ordinamento giuridico sia nazionale che europeo.

Pur non volendosi ora tornare sull’argomento già affrontato, chiarito ed approfondito, risulta qui ora sufficiente ricordare che lo status ed il regime applicabile alle norme tecniche – di qualsiasi fonte e provenienza (siano esse, dunque, dell’UNI, del CEI, del CEN, dell’ISO o di qualsiasi altro “organismo di normazione”), è argomento che non si può abbandonare al “sentito dire”, alle opinioni personali e neppure agli interessi di parte, seppure in qualche caso encomiabili e meritevoli sul piano di più alti ideali (spesso però non disgiunti, da interessi commerciali “di parte”).

Del tutto al contrario, infatti, è stato già dimostrato (Regolamento (UE) n. 1025/2012, art, 2, 1° par., n. 1 e D.lgs 81/08, art. 2, 1° comma lett. u) sulla base delle definizioni di rango legislativo che una “norma” adottata da un organismo di normazione riconosciuto (come ad esempio l’UNI), si caratterizza essenzialmente come “specifica tecnica”… alla quale NON E’ OBBLIGATORIO CONFORMARSI”.

Questo principio di legge, che data dal 1998 con la Direttiva 98/34/CE e che ha sempre trovato conferma legislativa nell’ordinamento sia europeo che nazionale – riceve ovviamente applicazione anche per la norma UNI 7697:2014, quale “norma nazionale” (v. 1° par. lett. d) del Regolamento (UE) 1025/2012) che costituisce una specifica “categoria” tra le varie che sono previste e disciplinate dal suddetto Regolamento UE.

norma armonizzata: dura lex, sed lex

Il riferimento regolamentare comprende infatti livelli (internazionale, nazionale ed europeo) che sono diversi ma che sono comunque tutti accomunati dalla caratteristica dellanon obbligatorietà”. Per meglio e più delicatamente rappresentare la rigida realtà (dura lex, sed lex) di un tale principio si è anche cercato di trasfigurarlo – per contrapposizione – in immagini del mondo fiabesco con le incantevoli fattezze di una fata turchina (vedi nota 4) cui si vorrebbe – da parte dei fautori della “obbligatorietà” della norma UNI – far trasformare, con un colpo di bacchetta magica, le “norme” che sono ex lege non obbligatorie in norme, al contrario, obbligatorie in forza di una “legge” da favola, quasi come trasformare un rospo in un principe azzurro con cavallo bianco.

Esiste, invece – ritornando al mondo della cruda realtà – una speciale, unica ed esclusiva categoria di norme tecniche che assumono efficacia obbligatoria: si tratta delle norme armonizzate europee emanate nel settore dei “prodotti da costruzione” e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea, in applicazione del Regolamento (UE) n. 305/2011 (v. in particolare, artt. 3 e 17 di questo Regolamento) tra cui anche, ovviamente, la norma EN 14351-1-206 + A 1:2010 per il prodotto “serramento”.

Dunque, nel settore considerato (che comprende, com’è noto, porte e finestre), la conformità ad una tale “norma” conferisce agli “operatori economici” interessati – fabbricanti, rappresentanti autorizzati, importatori e distributori – (secondo le precise definizioni dell’art. 2 del Regolamento (UE) n. 305/2011 – di “serramenti” che ne facciano corretta e piena applicazione nel quadro delle disposizioni regolamentari degli artt. 1, 3, 4 ed 8 del Regolamento (UE) qui sopra citato – il diritto all’uso della “marcatura CE” e conseguentemente, il diritto alla “immissione” o alla “messa a disposizione” sul mercato – nonché all’ “uso” – di questi “prodotti da costruzione”, senza che gli Stati membri della U.E. possano ostacolarne né la libera circolazione la messa sul mercato e neppure l’uso sul proprio territorio.

norma armonizzata: carenza aspetti primari

Ma, a questo punto, è lecito chiedersi: una “norma armonizzata europea” emanata e pubblicata sulla “Gazzetta europea” per il settore dei “prodotti da costruzione” costituisce per il prodotto in questione un riferimento non solo esclusivo ma anche definitivo e immodificabile da parte degli Stati membri dell’Unione europea? E, in caso di risposta positiva, è lecito chiedersi ancora, in particolare, la “immodificabilità” sussiste anche quando si tratti di norma carente e lacunosa per aspetti di importanza primaria, come ad esempio la sicurezza degli utilizzatori?

La risposta ad un tale quesito è certamente negativa, in quanto si riconosce da parte dello stesso legislatore europeo che anche norme della speciale, unica ed esclusiva categoria qui ora considerata – ossia le “norme armonizzate europee” per i prodotti da costruzione – possono presentare carenze, lacune o difetti sotto qualche importante profilo meritevole di formale segnalazione e contestazione con la procedura di “obiezione”, e, se del caso, meritevole anche di pieno riconoscimento che può arrivare fino al punto di invalidare, ritirare o sostituire in tutto o in parte le medesime “norme europee”, facendone conseguentemente oggetto direvisione”.

Dunque, anche la norma EN 14351 -1-2010, quale specifica tecnica per il prodotto “serramento”, potrebbe essere messa in discussione e sottoposta a regolare procedurainquisitoria” per una nuova valutazione ed un giudizio in contraddittorio tra i principali attori (Stati membri della U.E., Commissione europea, Comitati ad hoc ed organismi di normazione) nel quadro della legislazione europea, quando siano debitamente e motivatamente segnalate con la procedura di “obiezione” eventuali “carenze” delle previsioni normative, che possono riguardare anche, in particolare, “lacune” dei requisiti di sicurezza dei componenti in vetro.

E, pertanto, qualora le suddettelacune” fossero riconosciute sempre a livello europeo, ed al termine della suddetta procedura sempre europea, si potrebbe, in ipotesi, ottenere una adeguata riforma della stessa norma europea, in modo da soddisfare, se del caso, i requisiti di sicurezza pure per la parte riguardante i suddetti componenti del serramento.

Ma, allora, se sono queste le risposte ai fondamentali quesiti, occorre chiedersi ulteriormente: qual è la strada da percorrere legalmente per raggiungere un tale obiettivo?

Una prima risposta deve essere fornita con fermezza ed in negativo per sgombrare il campo da ogni possibile equivoco: deve escludersi completamente la percorribilità legale della strada costituita da una norma tecnica emanata unilateralmente da parte di un organismo di normazione italiana – così come, peraltro, di ogni altro organismo nazionale di uno Stato membro della U.E. – quale soluzione per colmare le lacune di sicurezza di un prodotto già disciplinato da una norma armonizzata europea.

Infatti, una tale soluzione costituisce violazione di molteplici obblighi sanciti daldiritto dell’Unione europea” ed, in particolare, dagli artt. 28 e 258 del Trattato U.E., nonché dagli art. 8, paragrafi 4, 5 e 6 del Regolamento (UE) n. 305/2011, della Direttiva (UE) 2015/1535 e del Regolamento (UE) n. 1025/2012.

Basti pensare a quest’ultimo riguardo che lo specifico obbligo sancito in materia dal Regolamento UE sulla “normazione” impone a tutti gli “organismi nazionali di normazione”, a partire dalla fine del “periodo di coesistenza” tra norme nazionali e norme europee – di ritirare tutte le norme nazionali eventualmente contrastanti con la norma armonizzata, in quanto, gli Stati membri, dell’Unione europea sul piano generale, “pongono termine alla validità di tutte le norme nazionali contrastanti”.

Più precisamente, il Regolamento (UE) 1025/2012, art. 3, c. 6 impone infatti che “durante l’elaborazione di una norma armonizzata, o successivamente alla sua approvazione, gli organismi di normazione nazionali si astengono dall’intraprendere qualsiasi azione potenzialmente pregiudizievole per l’armonizzazione auspicata e, in particolare, si astengono dal pubblicare, in riferimento al settore in questione, una norma nazionale nuova o rivista non completamente in linea con una norma armonizzata esistente. A seguito della pubblicazione di una nuova norma armonizzata tutte le norme nazionali in contrasto con la stessa sono ritirate entro un termine ragionevole”.

Ne deriva che l’emanazione unilaterale – nel 2014 – della norma tecnica nazionale italiana UNI 7696 – 2014 per la disciplina di un prodotto, appunto il “serramento” (porte e finestre), per il quale –già a partire dal 1-12-2010 – era terminato il “periodo di coesistenza” previsto per la norma EN 14351-1-2006+A1 2010 – non può che porsi in conflitto apertissimo, smaccato e plateale con l’obbligo regolamentare ed europeo che, all’opposto – impone di eliminare in toto qualsiasi norma nazionale passata, presente o futura che possa porsi in contrasto con la suddetta norma europea.

Divieto, questo, che si impone in modo ancora più evidente in tutti i casi nei quali una “norma” o una “regola” tecnica, possa vietare o limitare – anche introducendo limiti, controlli e/o sanzioni o, comunque, ostacoli di qualsiasi genere – la libera circolazione, la messa sul mercato o l’uso sul territorio nazionale di uno Stato membro della U.E. – di un prodotto che sia stato “marcato CE” in conformità alla medesima norma armonizzata europea e nel quadro delle disposizioni europee e regolamentari.

carenza norma armonizzata: “rimedi” nazionali ILLEGALI

Dunque – per il problema costituito dalla necessità di colmare eventuali lacune di sicurezza della norma armonizzata europea sui “serramenti– la soluzione costituita dall’emanazione unilaterale di una norma UNI (non diversamente da qualsiasi altre norma emanabile da qualsivoglia altro ente, italiano o non italiano, di normazione) costituisce senza rimedio una soluzione palesemente “illegale che espone i soggetti responsabili a procedure di infrazione la cui sorte “è segnata” nel senso della sicura condanna ed è tale, anche, da risultare del tutto improduttiva di effetti utili, in quanto una tale soluzione:

espone lo Stato italiano ad una procedura di infrazione – ex art. 258 del Trattato UE per la violazione evidentissima del “Diritto dell’Unione” alla luce di molteplici disposizioni del Trattato UE, delle Direttive e dei Regolamenti che sono stati qui prima citati;

sortisce l’effetto di produrre una norma tecnica (qual’ è attualmente la norma UNI 7696/2014) automaticamente disapplicabile da parte di chiunque, in qualsiasi sede e per qualsivoglia occasione, se ed in quanto (come sembra) non sia stata “notificata” alla Commissione europea nel rispetto della Direttiva (UE) 2015/1535 e del Regolamento (UE) 1025/2012 (artt. 4 e ss.).

Ne deriva pertanto, anche sotto quest’ultimo aspetto, sempre nel caso (presumibile) di “omessa notifica”, un’altra possibilità di procedura europea d’infrazione, ancora ex art. 258 del Trattato, nei confronti dello Stato italiano per la violazione del “Diritto dell’Unione” pure sotto i profili qui da ultimo individuati e precisati in materia, rispettivamente, di “Procedura di informazione nel settore delle norme e delle e delle regolamentazioni tecniche”, e di “normazione europea”.

Di fronte a conseguenze dell’emanazione della norma UNI in questione che risultano essere così negative, dannose e totalmente improduttive di effetti validi ed utili – e volendo perseguire lo scopo di colmare lacune di sicurezza della norma armonizzata europea sui “serramenti”, qualcuno potrebbe sostenere che allorché sussistano urgenti e gravi ragioni di sicurezza contro i rischi nell’uso del prodotto in questione, come nel caso del componente vetrato dei “serramenti” medesimi, si possa fare luogo ad una soluzione nazionale – “norma” o “regola tecnica”  – tale comunque da imporre i requisiti di sicurezza aggiuntivi che possono risultare idonei a colmare le corrispondenti lacune delle norme armonizzate europee.

Ma anche sotto quest’ultimo profilo è intervenuta in modo perentorio la Corte di Giustizia dell’Unione europea che ha stroncato in modo perentorio, netto ed inequivocabile il tentativo della Repubblica federale di Germania di imporre, con “regole” tecniche, requisiti aggiuntivi di sicurezza rispetto a quelli previsti dalla norma armonizzata europea per la marcatura Ce dei “prodotti da costruzione” .

A tale riguardo la Corte U.E. ha infatti sancito che “ogni altra interpretazione di queste disposizioni avrebbe come conseguenza, per quanto riguarda i prodotti di costruzione oggetto di una norma armonizzata europea, di permettere ad uno Stato membro, per il solo motivo che, secondo la sua valutazione, il livello di sicurezza di tale prodotto non è garantito in modo sufficiente, di imporre delle misure volte a restringere la libera circolazione di questi prodotti, mettendo così in discussione l’utile efficacia della direttiva 89/106” (n.d.r.: Direttiva ora abrogata e sostituita per tutti i corrispondenti riferimenti, dal Regolamento (UE) n. 305/2011).

carenza norma armonizzata: procedura percorribile

Una volta dunque così autorevolmente, perentoriamente e puntualmente bocciato – eliminano ogni residua possibilità di equivoco – il tentativo unilaterale e nazionale di imporre – con “norme” o “regole” tecniche – “misure” impeditive o limitative di un prodotto da costruzione “marcato CE”, la medesima Corte ha poi indicato l’unica strada legalmente percorribile permettere in discussione le norme armonizzate” ed ottenerne la “revisione” totale o parziale.

Infatti, sul punto, questa Corte ha stabilito che: “Inoltre, come evidenziato dalla Commissione … la … (n.d.r. disciplina prevista dal Diritto dell’Unione con particolare riferimento attualmente agli artt. 18 e 58 del Regolamento (UE) n. 305/2011) prevede delle procedure tramite quali gli Stati membri possono mettere in discussione le norme armonizzate che ritengono non rispondere, o non rispondere più, ai requisiti di cui ai suoi articoli …. In particolar modo, l’articolo (n.d.r.: attualmente l’art. 18 del Regolamento qui prima citato) di questa … stabilisce che uno Stato membro possa chiedere il riesame di una norma armonizzata volto al suo ritiro.

Parimenti, l’articolo … (n.d.r.: attualmente l’art. 57 del medesimo Regolamento) di suddetta direttiva stabilisce le misure di salvaguardia che possono essere adottate da uno Stato membro nell’ipotesi in cui ritenga carente una norma armonizzata esistente. Queste procedure previste … (n.d.r. attualmente dagli art. 18 e 57 del Regolamento sopra citato) non possono, al contrario di quanto sostenuto dalla Repubblica federale di Germania, essere considerate facoltative qualora uno Stato membro consideri che una norma armonizzata esistente è carente. Ma in tal caso, uno Stato membro non può adottare delle misure nazionali unilaterali che limitino la libera circolazione dei prodotti di costruzione conformi a questa norma armonizzata e, pertanto, recanti la marcatura «CE», ad esclusione di quelle previste … (n.d.r.: dal “diritto dell’Unione” qui prima precisato).

Ed, infatti, a questo riguardo il Regolamento (UE) n. 305/2011 prevede in particolare – oltre alle procedure previste dagli artt. 56, 57 e 58 (in materia, rispettivamente di “vigilanza sul mercato”, “procedure di salvaguardia” e “prodotti di sicurezza conformi ma che comportano rischi per la salute e la sicurezza”) – anche, in particolare, l’apposita procedura che è disciplinata dall’art. 18 del Regolamento medesimo e che è intitolata “obiezione formale contro norme armonizzate”. Secondo tale ultima disposizione si prevede, infatti, che “Se uno Stato membro o la Commissione ritiene che una norma armonizzata non soddisfi del tutto i requisiti fissati dal pertinente mandato, lo Stato membro interessato o la Commissione, previa consultazione del comitato permanente per le costruzioni, sottopone la questione al comitato istituito dall’articolo 5 della direttiva 98/34/CE, (n.d.r.: ora sostituito dall’art. 2 della Direttiva (UE) 2015/1535) motivando tale decisione.

Il comitato, consultati i competenti organismi europei di normalizzazione esprime il suo parere senza indugi. Alla luce del parere espresso dal comitato ai sensi dell’articolo … della direttiva 98/34/CE (n.d.r.: oggi abrogata e sostituita dalla Direttiva (UE) 2015/1535 il cui art. 2 contiene la specifica disciplina in materia) la Commissione decide se pubblicare o non pubblicare nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea i riferimenti alla norma armonizzata in questione o se pubblicarli parzialmente, conservarli, conservarli parzialmente o eliminarli. La Commissione informa della sua decisione l’organismo europeo di normalizzazione interessato e, se necessario, chiede la revisione delle norme armonizzate in questione”.

Pertanto:

– il potere di “mettere in discussione” le norme armonizzate che si ritengono non rispondere – o non rispondere piùai requisiti di sicurezza necessari per un “prodotto da costruzione” disciplinato dalla legislazione europea non compete agli organismi nazionali di normazione degli Stati membri U.E. ma solo ed esclusivamente alle competenti autorità degli Stati medesimi;

le procedure mirate ad ottenere il riesame di una “norma armonizzata” – e volte quindi ad ottenere il suo ritiro e/o la sua modificazione a scopo di integrazione dei requisiti di sicurezza – non sono “facoltative”, bensì, del tutto al contrario, assolutamente obbligatorie in quanto da praticare in via esclusiva e senza possibilità di (legittima) alternativa;

la procedura pertanto legittimamente percorribile è prevista in via esclusiva secondo il vigente “diritto dell’Unione” – e nel caso d’interesse per i “serramenti” – dalla disposizione dell’art. 18 del Regolamento (UE) n. 305/2011 il cui scopo e significato è, appunto, “finalizzato ad impedire soluzioni nazionali ed unilaterali per rimediare ad eventuali lacune delle “norme armonizzate europee”.

Con tale disciplina, infatti, si rimette ogni decisioneprevia consultazione del comitato permanente per le costruzioni”, alla sottoposizione di ogni questione al comitato europeo appositamente istituito curando di motivare (attualmente, art. 2 della Direttiva (UE) n. 2015/1535 ed art. 18 del Regolamento (UE) n. 305/2011) debitamente (“obiezione formale”) le proprie istanze.

Il suddetto “comitato” è tenuto, prima, a consultare “i competenti organismi europei di normalizzazione” e, poi, ad emettere – sempre nel quadro della Direttiva ora vigente – un “parere” in esito al quale potrà essere legittimamente adottata la decisione comunitaria sulla base della quale si provvede, a seconda dei casi, a mantenere od a revisionare la norma armonizzata nei confronti della quale sono state mosse le “obiezioni”.

Questa procedura è infatti destinata a disciplinare ipotesi, quale, ad esempio, quella costituita da “obiezioni” collegabili alla carenza di sicurezza del componente in vetro del prodotto “serramento” relativamente alla norma armonizzata EN 14351-1:2006 + A1-2010”.

Da tutto quanto fin qui esposto deriva dunque – sul piano operativo – che tutte le volte in cui sussista un motivato interesse degli “operatori economici” (fabbricanti, importatori o distributori) – o di altri soggetti portatori di legittimi interessi in forma singola o associata (quali, ad esempio, rappresentanze dei “consumatori” o delle organizzazioni sindacali), specie quando tale interesse riguardi la salute e la sicurezza degli utilizzatori dei prodotti, non può prospettarsi altra soluzione legittima e praticabile se non quella di rappresentare gli interessi medesimi con una istanza motivata alle competenti autorità dello Stato di appartenenza.

Spetterà quindi a tale Stato membro della U.E. che faccia propria l’”istanza” ricevuta, promuovere la procedura che è prevista dall’art. 18 del Regolamento U.E. e che può condurre alla “revisione” della norma armonizzata e che può quindi – in definitiva – soddisfare legittimamente anche le istanze nazionali che siano adeguatamente promosse, motivate e sostenute nel quadro della disciplina europea sui “prodotti da costruzione” fin qui delineata.

(Avv. Prof Antonio Oddo, vignette di Marco Fowler)

 

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